[PRESENT] - Arlington - 213 Cleveland Street, { ENDED } Morris Widow's murder scene

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Fr4ncis Dr4ke
view post Posted on 7/9/2015, 01:03     +2   +1   -1




:dawson2:

Prese l'uscita di Clarendon per Washington Boulevard, pochi chilometri dopo essere approdato sulla sponda occidentale del Potomac.
Ora era ufficialmente ad Arlington, Virginia.
Le mani sul volante di cuoio si fecero tese, più strette. Si stava avvicinando. Imboccò Washington Boulevard e pochi isolati più avanti vide la casa bianca coloniale con un camino di mattoni rossi. Svoltò improvvisamente a sinistra per Cleveland Street. Duecentottantasette. Risalì tutti i numeri a ritroso. Duecentosettantanove. Duecentosettantuno. Primo incrocio. Poi ancora avanti. Duecentoventuno. Duecentodiciassette.
Finalmente, sulla sinistra: 213, Cleveland Street, Arlington, Virgina.
Parcheggiò a lato destro della strada. C'erano diverse auto della polizia là in giro e non voleva dare troppo nell'occhio; preferì osservare tutta la situazione dalla comodità della sua Camaro del '69. Estrasse dalla tasca del giubbotto il pacchetto bianco e stropicciato di Kent, ne estrasse una e se la mise alla bocca. Poi accese con un fiammifero e aspirò avidamente.
10 settembre. La vedova Morris era stata ammazzata a colpi d'ascia da uno sconosciuto, nella sua tranquilla dimora, che ora di rosso non aveva solo le assi verniciate che davano sul giardino, ma anche la carta da parati all'interno. Decapitato anche il cane.
«Guardali là, come vanno e vengono. Sembrano mosche che banchettano su un cadavere» commentò aspramente spiando da dietro il cruscotto. Gli agenti di polizia, quelli che un tempo erano stati suoi colleghi, ora sembravano fantasmi neri in entrata e in uscita dalla villetta coloniale. Su e giù per le scale del portico, a recintare con strisce gialle ogni porta, ogni finestra.
L'avevano trovata 3 giorni dopo, in una pozza di sangue in cucina; così avevano recitato i giornali. Ora le indagini si facevano frenetiche, perché c'era il timore che ci fosse un nuovo pazzo in città. E quella zona degli amati Stati Uniti d'America, si sapeva, sembravano il portale per l'inferno. Ogni anno qualche caso strano, ogni anno il rischio di un nuovo assassino seriale, di uno psicopatico. Come il caso dell'Averla del Minnesota che per forse addirittura decenni aveva terrorizzato Virginia e Maryland. Ora, questo poteva essere semplicemente un simpaticone che si aggirava con un'accetta per le strade di Arlington, magari uno che neanche ci voleva provare a fare una collezione di cadaveri, ma il problema era che la vedova Morris non aveva nemici. E neanche il suo cane. Non esisteva un vero e proprio movente. Quello era un quartiere relativamente monotono. E poi c'era stato un caso simile, anche se a diversi chilometri di distanza a West Falls Church. In quel caso due coniugi, lei colpita al ventre e allo sterno, lui decapitato. Proprio come il povero Phil, il cane della signora Morris.
Comunque, lui, che diavolo ci faceva lì? Lui, Dawson Murray, ex detective di secondo livello della squadra omicidi della Polizia Metropolitana di DC. Se ne dovette ricordare tra un tiro e l'altro. Era stato contattato dai nipoti della signora Morris, dicevano di non fidarsi della polizia, che negli ultimi anni la mano armata che li doveva proteggere si era impigrita, che aveva permesso a troppe tragedie di compiersi. Per questo, si erano rivolti ad un ex poliziotto. Ora Daw lavorava in proprio, investigatore freelancer, niente distintivo, niente uniforme o cappotto grigio. Solo un paio di pistole, una qui, nel suo cruscotto e una a casa, nel suo appartamento di Adams Morgan.
Ora però avvicinarsi al luogo dell'omicidio era pressoché impossibile. Voleva aspettare che si facesse tardi per lasciare che la presenza di mosche scemasse e per nascondersi da occhi indiscreti, col favore delle tenebre. Così si dice, no?
 
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view post Posted on 8/9/2015, 14:07     +2   +1   -1
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Abigail mise la prima, tirò il freno a mano e spense il motore. Le sue mani lasciarono lo sterzo leggermente consumato della sua auto - della quale non aveva nessuna cura - e si infilarono nella borsetta adagiata sul sedile del passeggero. Armeggiò per qualche istante con il suo contenuto, poi trovò finalmente ciò che cercava: un foglietto ripiegato. Conteneva un appunto che aveva annotato appena un paio di giorni prima, un nome e una via.
Sollevò gli occhi cerulei verso l'indicazione stradale accanto alla quale si era fermata ed ebbe la conferma di essere giunta a destinazione.
Scese dall'auto sbattendo la portiera, poi avanzò verso l'abitazione. La ghiaia del vialetto sfrigolò sotto le suole dei suoi stivali color cuoio, ma lei non badava a non farsi sentire. L'isolato sembrava deserto, ma se anche qualcuno fosse passato a chiederle cosa ci faceva da quelle parti Abigail avrebbe avuto la risposta pronta. Le sarebbe bastato mostrare il tesserino che appurava la sua iscrizione all'ordine dei giornalisti e di certo qualsiasi altra domanda sarebbe stata superflua. La seconda eventualità era che chiunque fosse passato di lì avrebbe potuto riconoscere il suo volto e ingoiare qualsiasi quesito avesse avuto in mente.
Abigail Hobbs era stata già consacrata alle cronache diversi anni prima, figlia dell'Averla del Minnesota, presunta vittima di Will Graham, trovata viva e vegeta a casa del dottor Lecter. Non era stato semplice abituarsi alla notorietà, ma poi Abigail aveva cercato un modo per volgerla a suo favore, e poteva dire di esserci riuscita.
Come giornalista freelance non valeva un granché, lei ne era consapevole. Non perché non sapesse scrivere, ma perché non si ci era mai impegnata sul serio. Ma come scrittrice era riuscita di più. Non che avesse mai pubblicato un best seller, tuttavia la sua fama come doppiamente vittima l'aveva aiutata ad affermarsi almeno un po'.
Ufficialmente si trovava in Cleveland Street perché avrebbe potuto scrivere un articolo - o un libro - sulla defunta signora Morris e sul suo povero cane. Ufficiosamente quella era solo una parte della verità. L'altra parte era forse più semplice: era curiosa.
Era sicura che quel che si dicesse in merito a quell'omicidio fossero delle congetture di qualche idiota che autoconvinto di essere un esperto di assassini seriali solo perché aveva letto qualche articolo su Tattle-Crime.com. In quel senso Abigail poteva vantare una conoscenza molto più approfondita, nonostante vantare non era esattamente il termine che avrebbe usato.
Il tramonto era già calato a ingoiare i colori chiari del giorno, la strada era silenziosa e immersa nell'oscurità. Un odore di fumo di sigaretta raggiunse le narici di Abigail, ma lei non vi badò troppo e proseguì fino alla porta d'ingresso dell'abitazione.
 
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Fr4ncis Dr4ke
view post Posted on 12/9/2015, 18:10     +1   +1   -1




:dawson2:

Tic tac.
Tic tac.
Tic tac.

Il suo Omega segnò le 9 e 44 di sera. Il nugolo di insetti della polizia si era volatilizzato come uno sbuffo di fumo nero. *Va bene, Daw. Si entra in azione.* Qualcosa però gli fermò la mano sulla maniglia metallica della Camaro. Restò così, sospesa, per alcuni attimi irrecuperabili. Passi svelti di tacco 5. Si tolse l'ormai ridotto mozzicone di bionda dalla bocca e lo spense nel posacenere pigiando con forza. Il suo sguardo non si staccò da un'immagine totalmente inconsueta a quell'ora del giorno in quell'angolo della città: una donna, sui 30, giacchetta nera o blu notte su jeans aderenti, che camminava in fretta verso l'abitazione Morris.
Non sapeva chi fosse, né cosa ci facesse lì, ma qualche sospetto lo aveva. Chi mai poteva interessarsi ad una faccenda simile? Una reporter? Una blogger del Tattle-Crime? Era troppo formale per essere una di loro.
No, ma doveva c'entrare col ramo "informazione". Dawson rimase in macchina. Tirò su il finestrino senza farsi sentire. Quel dannato a maniglietta si lamentava come un bastardo in attesa del proprio osso. Cercò di abbassarsi dietro il cruscotto e continuò a dare un'occhiata. *Meno male che mi sono vestito di scuro anche io, amica mia. E ora vediamo un po' che fai.*
 
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view post Posted on 18/9/2015, 11:54     +1   +1   -1
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Abigail avanzò fino alla porta d'ingresso dell'abitazione. Si prese qualche istante per contemplarla, appoggiando una mano sul fianco mentre sollevava il mento per avere una visione d'insieme quanto più completa possibile.
La casa aveva un aspetto ordinario, era una villetta a schiera, bianca come quelle che sorgevano ai suoi lati, circondata da un fazzoletto di giardino esattamente come le altre. Non aveva in sé nulla di particolare, ma forse la famiglia che vi abitava sì. Poteva essere stata scelta dall'assassino per una ragione, oppure no. Nulla escludeva che avesse a che fare con un folle che agiva senza un criterio particolare.
Le venne spontaneo pensare a Francis Dolarhyde, l'assassino seriale che era stato ribattezzato dalla stampa prima Lupo Mannaro per la sua abitudine di uccidere in notti di luna piena, poi Grande Drago Rosso, utilizzando l'appellativo che lui stesso si era scelto. Quel caso aveva fatto notizia e Abigail ricordava bene il ruolo che il dottor Lecter e l'agente Graham avevano avuto nella vicenda.
Nonostante fosse passato molto tempo, la donna non riuscì a impedirsi di provare un moto di nostalgia. Nei confronti di due persone che l'avevano segnata profondamente, ma anche nei confronti di quel mondo distorto in cui l'avevano trascinata. Se avesse parlato con qualcuno del sostegno psicologico, immaginava che l'avrebbero ritenuta insana per sentire la mancanza di un cannibale che l'aveva pugnalata e di un agente la cui psiche era stata pesantemente provata, ma ad Abigail non importava.
Tornò a concentrarsi sulla porta d'ingresso. I sigilli dell'FBI erano ancora apposti, anche se una delle strisce gialle e nere era quasi completamente staccata.
La donna ne allontanò un lembo, staccando poi anche la seconda. Scavò nella borsa che si portava dietro e trasse degli strumenti molto simili a un grimaldello, con i quali iniziò ad armeggiare sulla serratura.
 
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Fr4ncis Dr4ke
view post Posted on 24/9/2015, 00:31     +1   -1




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*Ma guarda questa curiosona.* Daw trattenne una risata a voce alta. Aveva visto come la donna si era approssimata al casolare Morris, guardinga, insidiosa. *Ha proprio l'aria da Tattle, ma non è una di loro.* No, di questo Dawson Murray era sicuro. Aspettò che fosse entrata prima di mettere la mano sul freddo metallo e sganciare la portiera con tocco sordo.
La macchina sembrò tirare un sospiro di sollievo mentre le molle degli ammortizzatori la separavano ancora un po' dall'asfalto. Il tacco della scarpa dell'ex poliziotto risuonò nel silenzio della vita e poi uno dopo l'altro i passi schioccarono fino al morbido prato senza voce.
*Stai basso, Daw. Forse la ragazza farà il lavoro per noi.* Piano, come un lupo a caccia della sua preda notturna, l'investigatore privato si acquattò dietro le scale e poi sul fianco dell'abitazione. Estrasse una piccola torcia dalla tasca, ma non la accese. Gli sarebbe servita più tardi o nel caso ci fosse stato un interratto dal quale accedere nell'edificio.
 
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view post Posted on 29/9/2015, 19:28     +1   +1   -1
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Dopo qualche minuto passato ad armeggiare con la serratura, uno schiocco familiare suggerì ad Abigail che era riuscita ad aprirla.
La donna ripose gli strumenti nella sua borsa con un sorriso soddisfatto che le aleggiava sul volto, poi spinse la porta, che cigolò appena nell'aprirsi. Le dedicò un'occhiata attenta, anche se non troppo duratura. Non era particolarmente pesante, non aveva una struttura capace di tenere fuori un mostro intenzionato a uccidere, eppure era ancora miracolosamente intatta, il che le suggeriva che chiunque fosse stato l'assassino, non si era introdotto con la forza.
No, pensò Abigail lasciando la porta socchiusa alle sue spalle, era più probabile che la vittima stessa lo avesse fatto entrare.
Armeggiò ancora qualche momento con la borsa per trarne un paio di guanti, che indossò, e una torcia, che accese. Direzionò il fascio di luce sulla moquette che copriva l'ingresso, sulle pareti spoglie fatta eccezione per qualche acquerello da quattro soldi e sul mobiluccio decorato con un centrino e un vaso di fiori secchi.
Abigail avanzò e si trovò in un'altra stanza, piuttosto modesta come la precedente. I mobili sembravano usciti direttamente da un opuscolo che annunciava i saldi di un mercatino dell'usato, di nessun pregio particolare. La casa era semplice, ordinaria, modesta. Sui mobili del salotto erano state adagiate alcune fotografie che ritraevano un uomo in diverse fasi della sua età. Si trattava senza dubbio del signor Morris.
Fu nel corridoio successivo che Abigail iniziò a notare tracce del passaggio della polizia: i caratteristici segnalini erano disseminati nei punti in cui era schizzato qualcosa di scuro e grumoso, senz'altro sangue. Erano schizzi a media velocità, nonché qualche goccia gravitazionale. La loro densità aumentava man mano che Abigail si avvicinava alla cucina.
Lì, la torcia illuminò la scena di un massacro: c'era sangue ovunque, oggetti sparsi, una sedia rovesciata. C'era ancora la tazza con cui la signora doveva essersi preparata del tè, sporca nel lavandino.
Abigail iniziò a dare un'occhiata agli oggetti lasciati in giro oppure riposti nei cassetti. Aveva la sensazione che qualcosa mancava, eppure in quel disordine non era così facile stabilire cosa.
 
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Fr4ncis Dr4ke
view post Posted on 10/10/2015, 00:50     +1   -1




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Ci vollero pochi secondi per avanzare fino al retro dell'edificio. Era passato sotto una tettoia che fungeva da riparo per l'automobile della signora, una vecchia Ford Escort, tenuta bene, nonostante probabilmente la Morris la usasse davvero poco. Sbirciando dentro e accendendo per pochi secondi la torcia, aveva notato i sedili dietro decisamente in disordine, con chiari segni del consueto trasporto del fido segugio. Anche il sedile del passeggero era sgualcito e mordicchiato, sia sulla spalla destra che sul bordo della seduta. Ossi di gomma e bamboline di pezza trovavano il loro cimitero ai piedi delle poltroncine. Un Arbre Magique viola penzolava dallo specchietto retrovisore, come nel più scontato dei luoghi comuni. “Lavanda? Cos'era? Lavanda quello viola?” Non riusciva a leggere bene la scritta alla base dell'alberello, ma le lettere sembravano formare e confermare quella parola.
Nulla di interessante comunque nel veicolo, o forse lo sarebbe stato di più se fosse riuscito a trovare le chiavi e a controllare nelle tasche dei parasole. Già, perché la macchina, restando tutta la notte all'aperto, era chiusa a chiave in maniera previdente dalla vedova Morris. Proseguendo sul retro vide la cuccia del cane. Una rapida occhiata anche lì non guastava. La ciotola vuota. Il nome era "Phil". “Che strano nome per un cane.” Passò oltre, sul lato meridionale della casa c'era anche un capanno degli attrezzi; probabile territorio del signor Morris quando era vivo. Lì non ci sarebbe stato nulla di utile.
Ed ecco alle spalle della casa, come da programma, la botola per la cantina, situata immediatamente di fianco all'uscita posteriore. “Meglio star bassi, Daw. Non vorrai che la bella curiosona ti noti, vero?” Sbirciò per un secondo oltre la retina anti-zanzara della leggera porta, giusto per assicurarsi che la giornalista non fosse a portata di occhi, orecchie e anche naso. Il flash di una luce saettò nel buio di quella che doveva essere la cucina. Confuso non si pose da nessuna parte di preciso e fu in quel momento che Dawson passò oltre. Scherzò con sé stesso poggiandosi un dito sulle labbra e silenziandosi da solo e sorridendo si voltò verso la botola. I palmi si strinsero sulle rigide maniglie. Tirò. Un clank sordo gli impedì l'apertura.
«Fantastico...» sospirò affranto. Si frugò nelle tasche. Non aveva alcunché che potesse forzare la serratura. Giocò con le chiavi della macchina, ma dopo pochissimi secondi si rese conto di quanto fosse stupido e vano. Poi... un occhio gli cadde sulla casetta degli attrezzi. «Farebbe casino, ma è l'unica strada che posso provare. Aspetterò che la mia amica visiti il piano superiore.»
 
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view post Posted on 13/10/2015, 11:50     +1   -1
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Abigail continuò ad aggirarsi per la cucina, facendo attenzione a non calpestare le pozze di sangue rappreso che macchiavano le mattonelle. Era difficile tentare di trovare in quel disordine un filo conduttore che le suggerisse precisamente i movimenti dell'assassino in quell'ambiente. Se ci fosse stato Will al suo posto, sarebbe riuscito a vedere molto più di ciò che gli occhi di Abigail riuscivano a cogliere.
La ragazza era sempre stata incuriosita dalle capacità dell'agente dell'FBI, nonostante questi non avesse fatto che scoraggiarla. A sentir lui, non esisteva niente di peggio: nella sua mente non c'erano barriere efficaci e solide, nulla che potesse proteggerlo da ciò che osservava, da ciò che immaginava. Abigail aveva allora capito che la paura nasceva dall'immaginazione, era il prezzo da pagare per quello che al contrario Jack Crawford considerava un dono.
Lei non aveva l'immaginazione di Will Graham, ma aveva vissuto abbastanza esperienze cruente da riuscire ad avvicinarsi alla verità dei fatti più di quanto avrebbe potuto fare un reporter che stava seduto alla sua scrivania e il massimo che aveva potuto vedere di una scena del crimine erano stati degli scatti rubati.
Decise di lasciare la cucina e di riprendere ad aggirarsi per la casa, rimandando una nuova analisi della scena del crimine a un momento successivo, magari con qualche elemento in più. Doveva capire qualcosa di più sulla vittima, forse solo così avrebbe avuto chiaro qualche nuovo elemento circa l'assassino.
Varcò la soglia e si trovò di nuovo nel corridoio spoglio. C'era una scala che portava al piano di sopra, così Abigail iniziò a salire i gradini.
Come nella pressoché totalità di abitazioni di quel tipo, di sopra si trovava la zona notte. La donna scostò la porta della camera da letto della signora Morris ed entrò. Una trapunta con motivi floreali, che odorava leggermente di naftalina, era stata adagiata sul materasso. Sul comodino c'erano un bicchiere vuoto, un portapillole smaltato, un paio di occhiali con le lenti bifocali e un libro.
Abigail continuò ad aggirarsi per la stanza, si diresse verso il comò che si trovava sulla parete opposta al letto. C'erano delle fotografie, simili a quelle che aveva trovato dabbasso. Tese la mano verso una delle cornici, quando le sembrò di sentire un rumore.
Bloccò il gesto a mezz'aria, cercando di capire di cosa si trattasse. Non era facile interpretare i suoni di una casa che non si conosceva, poteva essere stato lo schiocco delle assi di legno della pavimentazione, oppure qualcos'altro. Si chiese se fosse davvero sola in quella casa o se qualcuno avesse avuto la sua stessa idea di fare una visitina. Escluse mentalmente la possibilità che si trattasse sempre dell'assassino, era più probabile che ci fosse un agente. Se l'avesse trovata lì, avrebbe fatto delle domande scomode: Abigail aveva oltrepassato i sigilli di una scena del crimine che non era ancora stata ripulita. Così decise di restare dov'era ed eventualmente nascondersi fintanto che l'agente o chi per lui non se ne fosse andato.
Rimase immobile, con le orecchie tese, in attesa che il rumore si ripetesse, ma l'abitazione era tornata silenziosa. Così allungò la mano verso una delle fotografie, riprendendo la sua osservazione.
La cornice era d'argento, probabilmente l'oggetto più prezioso che c'era in quella stanza, forse un regalo di nozze. La fotografia ritraeva i signori Morris in gioventù, circondati da altre persone. Abigail riuscì a intravedere qualche somiglianza tra di loro, così dedusse che erano parenti.
Dal retro della fotografia spuntò un pezzetto di carta. Una penna biro vi aveva tracciato le seguenti parole: "Avere un posto dove andare – è una casa. Avere qualcuno da amare – è una famiglia. Avere entrambi – è una benedizione."
Non una data, non una firma. Poteva tranquillamente essere stata scritta dalla signora Morris, eppure Abigail nutriva qualche dubbio in proposito. Aggirandosi al piano inferiore aveva scorto una nota della spesa: la grafia era diversa da quella del biglietto infilato dietro la cornice.
Trasse il cellulare dalla tasca e fotografò il foglio, poi lo rimise dov'era.
 
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view post Posted on 26/12/2015, 11:56     +1   +1   -1
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Fine role

L'esplorazione di Abigail nella casa della vedova Morris porta i suoi risultati. La scrittrice infatti ha modo di osservare la scena con i suoi occhi, ma non solo: individua un indizio che era sfuggito agli inquirenti. Si tratta di un biglietto, verosimilmente lasciato dall'assassino e nascosto dietro una fotografia, recante una citazione sulla famiglia.
Ma proprio mentre Abigail è sul punto di fare le sue valutazioni, si imbatte in Dawson Murray, un investigatore privato ingaggiato dai nipoti della vittima. Animato dalla stessa curiosità di Abigail, Dawson osserva la scena del crimine con i medesimi occhi e conferma, con le sue conoscenze, ciò che la Hobbs aveva già intuito: hanno a che fare con un serial killer.
 
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